Crema, 1969.
foglie di cavolo verza, colla, fibre di lana
10 elementi
dimensioni variabili
“Il cavolo verza è una verdura che mi ha sempre ispirato simpatia: nasce d’inverno, quando la natura è ghiacciata, e cresce verde e rigoglioso, indifferente al freddo. Le sue larghe foglie si dispiegano come i petali di un fiore infinito, sempre più tenere e avviluppate verso il centro, ma grandi e ariose verso l’esterno. Sono foglie spesse e rugose, hanno qualcosa di primitivo e coriaceo: forse per quello le ho sempre associate alla pelle di un elefante o di un rinoceronte. Non sono piatte, ma concave e morbide; conservano un andamento sferico che le rende adatte a disegnare la forma di una testa, di un volto. Mi ha ispirato l’idea di creare qualcosa di inquietante e un po’ mostruoso, partendo da un materiale che non lo è per niente”.
Appassionata di tutto quello che concerne l’arte in ogni sua forma, ha partecipato a diverse iniziative artistiche. Nel 2019 è tra gli artisti selezionati a partecipare al progetto “Pupi. La nuova storia”, presso lo Spazio discontinuo, Barcellona Pozzo di Gotto (Messina). Ha partecipato a diverse mostre collettive tra cui: In to the water, ex filanda Jacini, Casalbuttano (Cremona) 2018; Uomo e spiritualità, Villa Necchi alla Portalupa, Gambolò (Pavia) 2016. Al 2012 risale la personale VERTIGO: vertigine della materia, presso lo spazio espositivo Primamateria a Milano.